Caro Farmacista,
è la domanda delle domande; è l’arcano irrisolto delle farmacie italiane; è il mistero più recondito e, forse, inesplorato. Ma perché? Semplice, perché si cerca la risposta a tale quesito osservando il bilancio d’esercizio e il risultato economico di fine anno. Purtroppo non si tengono conto alcuni elementi legati ai comportamenti del titolare, pressoché naturali e inconsapevoli. Vediamoli:
1. Si prelevano soldi dal conto della farmacia pressoché tutti i mesi, spesso una cifra prestabilita (chissà come e chissà quando) a prescindere dall’andamento variabile degli utili di fine anno.
2. Quando arriva il momento di pagare imposte e contributi si utilizza il conto della farmacia dimenticandosi che tali ammontari fanno parte della retribuzione del titolare (come per i suoi dipendenti, esiste un “netto in busta” e un costo “lordo”).
3. Se ci sono spese familiari straordinarie non ci si fa scrupolo di metter mani nella cassa della farmacia.
4. La farmacia non la si vede come soggetto autonomo capace di risparmiare: ne consegue che l’azienda è sistematicamente sottocapitalizzata, per il pressoché totale prelievo di utili da parte del suo titolare.
5. Tra i crediti in bilancio figura spesso la voce “titolare c/ prelievi”, che misura le maggiori somme prelevate a titolo personale rispetto agli utili accertati.
Come uscirne fuori? Consapevoli di tutto ciò, occorre “educarsi” ad una retribuzione variabile, che è nella natura dell’attività d’impresa, e imparare a risparmiare anche sul fronte del budget familiare perché i bisogni nella vita posso mutare, anche repentinamente.