Le farmacie non sono tutte uguali, non hanno tutte gli stessi problemi, non sono soddisfatte tutte dalle stesse soluzioni.
Fino ad una quindicina di anni fa l’imperativo categorico del nostro lavoro era di fare tutti le stesse cose, nello stesso modo, senza eccezioni: vivevamo ancora in regime di monopolio e questa condizione era basilare per non mettere in discussione lo status quo.
Oggi, però, non è più così (e per fortuna, mi sento di aggiungere): fra una farmacia da seicento ingressi al giorno e una minuscola che non arriva al centinaio c’è una differenza abissale; una farmacia con un forte impatto commerciale e una molto più orientata verso i servizi non hanno proprio nulla a che vedere l’una con l’altra; perfino fra una sita in un popoloso quartiere cittadino non ha nulla in comune con un’altra dislocata in un paesino di poche anime.
È ovvio che in tutti questi casi è fondamentale l’attenzione al cliente, la capacità di leggere un bilancio e di fare bene i conti, la capacità di prevedere e organizzare, ma questi sono elementi fondamentali per qualunque azienda di qualunque genere, non certo esclusive di una farmacia.
Ogni cosa, però, va declinata in armonia con la singola realtà, modellata sui bisogni individuali, adeguata ai desideri e alle aspirazioni di quel titolare e di nessun altro.
Coloro che sostengono il contrario, stanno cercando di ricacciarci verso il piattume del passato che oggi, tuttavia, può rivelarsi per la maggior parte di noi pericoloso e nefasto.